tratto da:

https://www.corriere.it/economia/lavoro/cards/materie-prime-litio-silicio-all-acciaio-perche-non-si-trovano-prezzi-sono-stelle/da-stellantis-electrolux-fabbriche-costrette-rallentare.shtml

 

Da Stellantis a Electrolux, le fabbriche costrette a rallentare

Alluminio, acciaio (e filo d’acciaio, in particolare), rame, litio, semiconduttori, magneti. Ma anche legno e plastica. Che cosa hanno in comune questi prodotti? In questo momento si tratta di materie prime difficili da recuperare tanto che la produzione di molti settori è messa in difficoltà. Rallentata o addirittura fermata per alcuni periodi. Per questo motivo in questo momento lo stabilimento Stellantis di Melfi è fermo. Il blocco della produzione dal 3 al 10 maggio è stato previsto proprio per la mancanza di semiconduttori. L’amministratore delegato di Electrolux Jonas Samuelson ha spiegato nei giorni scorsi che anche la catena produttiva degli elettrodomestici ha rallentato a causa della mancanza di componenti elettriche e alcuni tipi di plastica. Alla Vitesco di Fauglia (Pisa), 970 dipendenti, la produzione si è fermata ad aprile per problemi legati all’approvvigionamento di alcuni componenti elettronici che contengono silicio

Lo stabilimento Stellantis di Melfi

Silicio & C.: il problema dei semiconduttori

I semiconduttori non sono altro che sostanze solide con caratteristiche di conduzione elettrica intermedia fra quella dei conduttori e quella degli isolanti. Il silicio è un semiconduttore. Il punto è che i semiconduttori sono la base per creare una serie di dispositivi chiave dell’elettronica: dai transistori ai microprocessori ai circuiti integrati. Oggi lo sviluppo del digitale contribuisce ad alzare la domanda dei semiconduttori. Il silicio dall’inizio del nuovo millennio ha vissuto una crescita esponenziale del suo valore, passando da un prezzo medio di circa 1200 euro per tonnellata, tra il 2000 e il 2006, a sfiorare, oggi, un livello medio di 1900 euro a tonnellata. La domanda di silicio è con molte proprietà destinata a crescere anche nel medio periodo, insieme con il suo prezzo.

Litio cercasi per produrre le batterie per la mobilità ecologica

Il litio è fondamentale per le produzioni legate alla transizione ecologica, in particolare nel settore dei trasporti. Il litio serve infatti per la produzione delle batterie. Il litio è fondamentale anche per far funzionare smartphone e tablet. Se si guarda la classifica degli elementi più diffusi sulla crosta terrestre, il litio è al 25esimo, con una media di 20 mg per ogni chilo di crosta. Quindi non c’è scarsità sulla Terra. Circa la metà di tutte le riserve di litio del pianeta si trovano in un’area al confine tra Cile, Argentina e Bolivia, il cosiddetto “triangolo del litio”. Il più grande produttore di questo metallo è il Cile (76 mila tonnellate l’anno), al secondo posto si trova l’Australia (più di 74 mila tonnellate all’anno) e al terzo l’Argentina (circa 30 mila tonnellate). Secondo le Nazioni Unite, infatti, per produrre una tonnellata di litio sono necessari circa 1,8 milioni di litri d’acqua. Inoltre c’è anche una notevole emissione di CO2 derivante dal processo di estrazione, lavorazione e trasporto, quantificabile dalle 5 alle 15 tonnellate di anidride carbonica per tonnellata di litio. Il carbonato di litio è passato dai 5.180 dollari per tonnellata in media nel 2010 agli 8.000 nel 2020. La Cina ha il 70% del mercato della lavorazione del litio.

Una batteria al litio

La locomotiva cinese partita per prima (ed è quattro mesi avanti)

La scarsità delle materie prime è dovuta al fatto che l’economia sta mettendo a segno quella che gli economisti come Alessandra Lanza di Prometeia chiamano «ripartenza a V». In sostanza tutto riparte simultaneamente e in tempi brevissimi. «I produttori chiedono le materie prime e le vorrebbero subito, ma la catena produttiva delle materie prime stesse deve rimettersi in moto», spiega Lanza. E questo richiede un tempo tecnico. La ripartenza veloce dell’economia (e quindi della domanda di materie prime) è trainata dalla Cina che nel 2020, quando Europa e Usa chiudevano l’anno con un Pil negativo, ha messo a segno un più 2,3%, nonostante la pandemia. «La Cina è il più grande acquirente di commodity al mondo», fa notare Matteo Di Castelnuovo, docente alla Bocconi. «La sua economia sta marciando a pieno regime, come del resto dimostrano i dati sulle emissioni Co2 ripartite di gran lena».

Recovery e speculazione mettono il turbo alle materie prime

«Gli altri due fattori che contribuiscono all’aumento dei prezzi delle materie prime sono i piani per l’attuazione del Revery, il Piano europeo di ripresa e resilienza (che richiedono appunto l’utilizzo di materie prime e ne spingeranno la domanda) e lo spostamento di capitali, complici i bassi tassi di interesse, sui mercati delle commodity», aggiunge Alessandra Lanza di Prometeia. Cosa ci dobbiamo aspettare per l’immediato futuro? «Le materie prime che non hanno a che fare con le produzioni legate alle transizioni digitale ed ecologica ritorneranno nel giro di qualche mese a livelli di prezzo nella norma — risponde Lanza —. Per le altre c’è da aspettare che i prezzi restino più alti».